Questo sito può utilizzare cookies tecnici e/o di profilazione, anche di terze parti, al fine di migliorare la tua esperienza utente.

Proseguendo con la navigazione sul sito dichiari di essere in accordo con la cookies-policy.   Chiudi

PERSONAGGI STORICI

Giovanni Mariti

Giovanni Mariti nacque a Firenze il 4 novembre 1736. Dopo aver compiuto i primi studi letterari si trasferì con la famiglia a Livorno dove seguì con interesse studi di scienze naturali e imparò l'inglese e il francese.

Nel 1760 passò per Cipro e si recò a San Giovanni d'Acri in Palestina, dove soggiornò per circa due anni.

In seguito tornò a Cipro e si stabilì nella città di Larnaca fino al 1767, qui fu cancelliere del console britannico, che rappresentava sia l’Impero che il Granducato di Toscana. Prima di rientrare in patria, all’inizio del 1768, si recò in Siria e Palestina, dove studiò la morfologia dei luoghi, gli usi, i costumi e la storia delle popolazioni, la condizione delle donne e la convivenza di tradizioni e fedi diverse. Ne scaturirono materiali, riflessioni, notizie alla base delle sue poderose opere e relazioni di viaggio.

Redatti dal 1768, i Viaggi per l’isola di Cipro e per la Soria e Palestina (9 volumi pubblicati e uno inedito) vennero stampati a Firenze e a Lucca tra il 1769 e il 1776.

Tornato in patria nel 1768, divenne coadiutore del tribunale di Sanità di Firenze per i meriti acquisiti presso il granduca di Toscana Pietro Leopoldo con le sue relazioni sulla peste scoppiata a Cipro nel 1760.

Nel 1782 venne nominato tenente del Lazzaretto di S. Jacopo a Livorno e nel 1784 ne divenne capitano, sovrintendendo così al sistema sanitario labronico. Rientrato a Firenze, a partire dal 1790 rivestì incarichi amministrativi, prima presso l'Archivio delle Reali Possessioni e successivamente presso l'Archivio della Camera delle Comunità.

Il Mariti affiancò agli uffici un’intensa attività di pubblicista e scrittore di agronomia, economia, varia erudizione e storia.

Le conoscenze in campo igienico-sanitario e botanico contribuirono alla sua affermazione come agronomo, culminata nell’Odeporico o sia Itinerario per le colline pisane (i tomi I e II furono pubblicati a Firenze tra il 1797 e il 1799).

L'Odeporico rimane in gran parte un'opera manoscritta, perfettamente conservata nella biblioteca Riccardiana di Firenze. Il primo libro costituisce un trattato di storia agraria delle colline pisane, il secondo è  dedicato alla storia di Bagno ad Acqua (oggi Casciana Terme). I libri sono divisi in "lettere" (capitoli ) scritte ad un amico immaginario. La descrizione storica dei castelli (paesi) delle colline ha inizio il 4 giugno del 1788 e si protrae fino al 1795.

Nell'Odeporico confluiscono la capacità d’osservazione del Mariti, l’interesse pressoché etnologico per le tradizioni popolari, il largo ricorso alla documentazione storico-erudita e l’informazione raccolta dai parroci del luogo che gli misero a disposizione gli archivi parrocchiali. Il primo libro offre soprattutto un quadro analitico delle pratiche agrarie e della struttura sociale dei borghi delle colline pisane (forme e modi dell’appoderamento e dell’allevamento bovino e suino, tipologia delle colture, strumenti per lavorare la terra, prevalenza del piccolo possesso, presenza preponderante di una forza-lavoro poverissima di «pigionali»). Ne risultano anche le debolezze del sistema, dalla scarsità di bestiame al depauperamento boschivo (attribuibile, come lamentavano le popolazioni, alle allivellazioni leopoldine), dalla scarsa diffusione del vigneto alla limitatezza delle produzioni specializzate; mentre in progresso risultavano l’abolizione del maggese e la coltura dell’ulivo. Dettagliata e puntuale è nell’Odeporico l’informazione botanica e mineralogica, e la classificazione dei fossili. Il secondo libro è prevalentemente dedicato alla descrizione di Bagno a Acqua, dove dal 1788 il Mariti soggiornò più volte per motivi di salute. Questo lavoro rientra invece nella ripresa settecentesca del termalismo, propone spunti igienico-sanitari e interessanti considerazioni sociali e di costume.
Temi affini a quelli dell’Odeporico si ritrovano in lavori quali Del vino di Cipro (Firenze 1772), redatto nel quadro del rilancio dell’Accademia dei Georgofili, e il trattato Della robbia sua coltivazione suoi usi (Firenze 1776), dedicato a Pietro Leopoldo di Toscana, aggiornato contributo su una pianta da reintrodurre per la modernizzazione della manifattura tintoria.

Giovanni Mariti morì a Firenze il 13 settembre 1806.

 

Odeporico o sia Itinerario per le colline pisane
Tomo 1 e Tomo 2

Firenze, pubblicazione a spese di Giovacchimo Pagani, 1797-1799

 

Crespina, Fauglia, S Luce, Lorenzana : castelli delle colline pisane inferiori : Odeporico, o sia Itinerario per le colline pisane
a cura di Benozzo Gianetti
Fornacette, [Calcinaia], CLD, 2001
Trascrizione tematica dal ms. conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze
In consultazione presso la Biblioteca comunale di Crespina Lorenzana

 

Altre opere di Giovanni Mariti

Della robbia sua coltivazione e suoi usi
In Firenze, per Gaetano Cambiagi stamp. granducale, 1776

Istoria di Faccardino grand-emir dei Drusi
Livorno, nella Stamperia di Tommaso Masi, e compagni, 1787

Memorie istoriche di Monaco de' Corbizzi fiorentino patriarca di Gerusalemme raccolte da Giovanni Mariti
Firenze, 1781 (Firenze, nella stamperia di Antonio Benucci e compp. al canto al Diamante)

Del vino di Cipro ragionamento di Giovanni Mariti socio corrispondente dell'Accademia dei Georgofili di Firenze
1772, Firenze, nella stamperia granducale, per Gaetano Cambiagi

Istoria della guerra della Sorìa parte 1. [-2.] proseguita fino alla morte di Aly-Bey dell'Egitto da Giovanni Mariti fiorentino
1774, 1772, Firenze, nella stamperia Allegrini, Pisoni & comp.
parte 1 - parte 2

Istoria della guerra accesa nella Soría l'anno 1771. Dalle armi di Aly-Bey dell'Egitto. E continuazione del successo a detto Aly-Bey fino a quest'anno 1772. Con aggiunte, e note di Giovanni Mariti accademico apatista
in Firenze, per Gaet. Cambiagi stampator granduc., 1772

Dissertazione istorico-critica sull'antica città di Citium nell'isola di Cipro e sulla vera topografia della medesima
Livorno, appresso Carlo Giorgi, 1787

Memorie istoriche del popolo degli assassini e del vecchio della montagna loro capo e signore
Livorno, appresso Carlo Giorgi, 1787

Istoria del tempio della Resurrezione, o sia Della chiesa del Santo Sepolcro in Gerusalemme detta dai greci Anastasis e Martyrion scritta da Giovanni Mariti accademico fiorentino
Livorno, presso Carlo Giorgi dal real palazzo, 1784

Viaggi per l'isola di Cipro e per la Soria e Palestina fatti da Giovanni Mariti fiorentino dall'anno 1760 al 1768 tomo 1-9
In Lucca, per Jacopo Giusti, 1769-1776
tomo 1, tomo 2, tomo 3, tomo 4, tomo 5, tomo 6, tomo 7, tomo 8, tomo 9

 

 

Giuseppe Giuli

Giuseppe Giuli nacque a Lorenzana nel 1764. Dal 1796 iniziò a frequentare i corsi dell'Università di Pisa all'interno del Collegio medico-fisico, in cui si laureò con Gaetano Savi nel 1802; studiò inoltre botanica con Ottaviano Targioni Tozzetti.

Divenne poco dopo medico astante nell'ospedale di Santa Maria Novella a Firenze, per poi (1804) passare in quello di Asinalunga (oggi Sinalunga ) in Val di Chiana dove rimase fino al 1822, quando fu chiamato a ricoprire la cattedra di Botanica e storia naturale nell'Università di Siena, del cui orto botanico pubblicò il catalogo dei semi per la commercializzazione. Venne poi nominato direttore dei bagni di Montecatini.

Collaboratore di quasi tutte le riviste toscane dell'epoca, tra le quali si segnalano il «Giornale de' Letterati» di Pisa, il «Giornale di Scienze ed Arti» di Firenze, gli «Atti dell'Accademia dei Georgofili », l'«Antologia»; collaborò inoltre a riviste non toscane.

Si occupò di botanica e agronomia redigendo due statistiche agrarie, la prima per la Val di Chiana, la seconda per l'isola del Giglio. Altro tema assai caro al Giuli furono gli studi di mineralogia di cui rimane un "Catalogo di minerali trovati in Toscana e non ancora descritti da altri naturalisti" (Siena, 1831), nonché quelli di idrologia (in particolare le acque minerali), di cui è testimonianza il presente fondo documentario.

Fu socio di moltissime accademie ed ebbe numerosi riconoscimenti. Morì nel 1842.

Tra i suoi scritti si ricordano: "Analisi d'una miniera di rame nelle vicinanze dell'Impruneta" (Arezzo, 1807), "Dell'acqua acidula di Montione presso Arezzo, memoria fisico-chimica" (con Antonio Fabroni , Arezzo 1808), "Delle acque minerali dei bagni a Morba nel Volterrino" (Siena, 1809), "Corso di chimica economica" (Firenze, 1818-1819, 2 voll.), "Statistica agraria di Val di Chiana" (Pisa, 1828-1830, 2 voll.), "Storia naturale di tutte l'acque minerali della Toscana, ed uso medico delle medesime", (Firenze-Siena, 1833-1838, 6 voll.), "Dell'influenza che sembrano avere le correnti elettriche per ristabilire la salute in alcune malattie dietro l'uso dei bagni d'acqua salina, ed in ispecie di quelle dei rr. bagni di Monte-Catini" (Padova, 1840); "Lo Stato antico e moderno dei bagni di Macereto presso Siena, nuove analisi delle sue sorgenti, coll'indicazione dell'uso medicinale delle medesime" (Siena, 1840).

Fondo archivistico conservato nell’Archivio Storico dell’Università di Siena
Si tratta di una busta di documentazione varia non riordinata della prima metà del secolo XIX e riguardante, in particolare, gli studi scientifici e le lezioni universitarie tenute da Giuseppe Giuli.

Corrispondenza: lettere inviate a Giuseppe Giuli da Daniello Berlinghieri, provveditore dell’Università di Siena (Siena, 14 settembre 1818), Antonio Albizini, gonfaloniere del Comune di Forlì (13 giugno 1836); Giovan Battista Pasquini (Chiusi, 26 novembre 1836); Domenico Pizzetti (Grosseto, s.d.). Altra corrispondenza: Candido Brogi a Domenico Pizzetti, vicario generale della diocesi di Grosseto (21 giugno 1838); Giuseppe Cresti a Sebastiano Palagi della Curia arcivescovile di Siena (7 aprile 1840).

- Atti e documenti: estratto di rapporto relativo alla vaccinazione eseguita nel Dipartimento dell’Ombrone nell’anno 1811.

- Manoscritti: “Catalogo della collezione statistica dei minerali della Toscana”; “Registro dei minerali che trovansi in ogni genere di ciascuna valle” inviato al re di Napoli (17 aprile 1841); “Analisi delle nuove acque minerali dei Bagni di Montecatini”; appunti di mineralogia e botanica; due fascicoli di “Studi diversi”; memorie di vari relative al pittore pisano Giovan Battista Tempesti, al prof. Giuseppe Raddi, al cavaliere Giovanni Mariti, a Giovan Battista Fanucci e Ranieri Tempesti; estratto di 23 lettere inviate da Carlo Matteucci al prof. Santi Linari relativamente alla torpedine (marzo-agosto 1836).

- Materiali preparatori: appunti per saggi e studi di storia naturale; appunti relativi ai bagni di Macereto (1840); fogli sparsi contenti progetti d’opere e appunti vari.

- Testi di conferenze, lezioni, discorsi: “Istituzioni di storia naturale applicate alla materia medica dettate dal prof. Giuli nella R. Università di Siena”; “Istituzioni di fisica generale”; “Corso elementare d’agraria pastorizia per il collegio Tolomei”.

Fondo archivistico conservato nella Biblioteca dell’Accademia dei Fisiocritici a Siena
La documentazione è raccolta in una busta e in sei volumi rilegati, manoscritti, contenenti appunti di mineralogia, da datarsi tra gli anni Trenta e Quaranta del XIX secolo.

Manoscritti: “Catalogo Generale Sistematico dei minerali del Granducato di Toscana”, suddiviso per valli, con localizzazione del ritrovamento e descrizione del minerale, con allegate alcune cartine geologiche; “Catalogo per Ordine Alfabetico dei paesi Toscani ove si trovano minerali”, con indice alfabetico della localizzazione e descrizione dei minerali; “Catalogo delle Varie Specie Minerali e Roccie disposte per ordine alfabetico del Granducato di Toscana”, da datarsi intorno al 1825, con descrizione dell’oggetto e localizzazione del ritrovamento, e in allegato appunti dei vari viaggi di ricognizione; “Dissertazioni di vario genere”, contenenti appunti per una storia naturale dei minerali e del loro uso medico e altri appunti vari e lettere databili tra gli anni Trenta e Quaranta del XIX secolo; “Progetti e Studi per compilare la Carta Geognostica e Orittognostica della Toscana per servire alla Tecnologia”, appunti da datare intorno al 1828 e breve testo a stampa, rilegato con le carte manoscritte, con spiegazioni per dare un’idea dell’applicazione del progetto del prof. Giuli; “Giornale del viaggio mineralogico eseguito nell’anno 1828 e fatto dal prof. Giuseppe Giuli di ordine di S.A.I. Leopoldo II Gran Duca di Toscana”; busta contenente “Manoscritti di Mineralogia”, contenente dei temi di mineralogia e zoologia per gli studenti di farmacia e altri appunti manoscritti suddivisi per argomenti.

Fondo archivistico conservato nel Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Pisa
Il fondo si compone esclusivamente di tre buste di manoscritti e appunti vari.

La prima e la seconda busta conservano carte di storia naturale delle acque minerali toscane, la terza contiene invece vari rapporti sulle terme di Montecatini, di cui Giuli era direttore.

I manoscritti sono stati senza dubbio utilizzati da Giuli per i suoi numerosi lavori, tra cui la "Storia naturale di tutte le acque minerali di Toscana" pubblicata a Firenze da Piatti nel 1833 e a Siena da Porri due anni più tardi.

Fondo archivistico conservato nella Biblioteca comunale degli Intronati di Siena
Si tratta di 9 Filze e 2 faldoni.

- Corrispondenza: la corrispondenza è ordinata in 9 filze legate in cartone e suddivisa in base alla tipologia dei mittenti: P.V.18 "Lettere scritte da Cardinali ed altri Dignitari ecclesiastici al prof. Giuseppe Giuli", cc. 200, 17 corrispondenti (1805-1843); P.V.19 "Lettere scritte dal Segretario di Stato di S. A. G. e I. e da altri funzionari pubblici al prof. Giuseppe Giuli", cc. 382, 40 corrispondenti (1806-1842); P.V.20 "Lettere scritte da Funzionari pubblici al prof. G. Giuli", cc. 422, 48 corrispondenti (1817-1843); P.V.21 "Lettere scritte da dotti italiani e stranieri al prof. G. Giuli", 60 corrispondenti (1804-1843); P.V.22 "Lettere scritte da dotti toscani al prof. G. Giuli", 32 corrispondenti (1801-1842); P.V.23 "Lettere scritte da dotti toscani al prof. G. Giuli", cc. 575, 76 corrispondenti (1818-1846); P.V.24 "Lettere scritte dai Professori dell'Università di Siena al prof. G. Giuli", 18 corrispondenti (1811-1842); P.V.25 "Lettere scritte da Accademie Italiane e Straniere al prof. G. Giuli", 60 corrispondenti (1806-1850); P.V.26 "Lettere scritte da diversi al prof. G. Giuli", cc. 203, 20 corrispondenti, in copertina "Contiene lettere diverse, confusamente rilegate, scritte tra il 1830 e il 1850, al Prof. Giuseppe Giuli dalle seguenti persone". I faldoni denominati "Archivio Giuli" contengono corrispondenza in carte sciolte e non ordinata né per autore né per argomento; 15 lettere nel primo faldone (1812-1847) e 113 nel secondo (1809-1850), tra le quali si possono individuare alcuni nuclei: 15 lettere inerenti alle vaccinazioni eseguite nella zona di Sinalunga (1809-1830), 34 lettere raccolte in un fascicolo dal titolo "Lettere e fogli diversi relativi a cose scientifiche e lettere di distinti personaggi (1824-1850)", 26 lettere raccolte in un fascicolo dal titolo "Affari dell'Accademia dei Fisiocritici di Siena (1843-1850)", 6 lettere raccolte in un fascicolo dal titolo "Lettere del Conservatore e Preparatore dell'Accademia dei Fisiocritici Baldacconi (1845-1850)".
- Manoscritti: i faldoni denominati "Archivio Giuli" contengono appunti dal titolo "Prefazione e Strabone", Geografia, libro V; un "Quadro dei bambini vaccinati" dal Giuli nel comune di Sinalunga (1812); un fascicolo dal titolo "Analisi dell'acqua di un pozzo posto presso La posta della Poderina sulla riva sinistra dell'Orcia eseguita il 2 e 3 giugno 1843" contenente appunti, lettere e materiali vari; un fascicolo dal titolo "Copia Lettere per gli affari dell'I. e R. Accademia dei Fisiocritici di Siena (1845)" contenente "Collezione di minerali disposta secondo il metodo orictognostico di Werner" (pp. 16 manoscritte), "Progetto per il Museo dei Fisiocritici" (pp. 10 manoscritte), "Appunti per la Storia dell'Accademia"(pp. 5 manoscritte), appunti e minute di lettere manoscritte dal Giuli (cc. 40 ca.); appunti vari e minute di lettere (cc. 30 ca. sciolte).

- Raccolte di materiale bibliografico, di giornali, riviste: i faldoni denominati "Archivio Giuli" contengono vari opuscoli manoscritti e a stampa di argomenti vari: "Statuti della Società medica di Livorno approvati con sovrano rescritto del 5 agosto 1825", s.n.t., pp. 16 a stampa; 2 copie dell'opuscolo "Prospectus of the Objects and Plan of Operation of the Statistical Society of London" (23 aprile 1834) e la traduzione manoscritta dal titolo "Prospetto degli oggetti e piano di operazione della Società Statistica di Londra, fondata il 25 Marzo 1834 in seguito di una raccomandazione dell'associazione Britanna pell'avanzamento della Scienza", fascicolo di cc. 6; Ruolo dell'Università di Pisa per l'anno accademico 1849-50, cc. 4 ms.; "Règlemens de la Société d'encouragement pour l'Industrie Nationale", 27 brumaio anno X; "Catalogo generale antico e moderno de' soci dell'I. e R. Ateneo Italiano", Firenze, coi tipi della Società Tipografica, 1843, pp. 59; "Costituzione dell'I. e R. Ateneo Italiano", Firenze, per la Società Tipografica, 1843, pp. 14; "Société Française de Statistique Universelle. Programme", Paris, 22 aprile 1830, pp. 4 (3 copie); "Costituzione della legittima Accademia Italiana riunita in confederazione letteraria", s.n.t., pp. 32; "Elenco de' Partecipanti dell'Istituto Archeologico per l'anno 1836", s.n.t., pp. 16 a stampa; "Relazione estratta dal Mercurio delle Scienze Mediche. Società medica di Livorno", Livorno, dai Torchi di Glauco Masi, 1826, pp. 24; "Statuto dell'Accademia Agraria Pesarese", Pesaro 1828, pp. 13 a stampa; "Stabilimenti per la Reale Società Agraria ed Economica di Cagliari", s.l. 1804, dalla Reale Stamperia, pp. 19; "Statuti dell'Accademia Labronica. Approvati con Sovrano Rescritto de' 29 novembre 1816", Livorno, per Giuseppe Zecchini e comp., s.l. 1816, pp. 13; "Costituzioni della Imperiale e Reale Accademia Economico-Agraria dei Georgofili di Firenze", Firenze, dalla Stamperia Piatti, 1817, pp. 20; "Statistical Society of London. Council and Officers", s.l., maggio 1834, c. 1; "Statuti dell'Accademia Gioenia di Scienze Naturali", Catania 1824, pp. 7; "Resultato delle Vaccinazioni eseguite nel Dipartimento dell'Ombrone nell'anno 1810. Estratto dal Rapporto su di esse fatto al Comitato Centrale del suddetto Dipartimento", s.l. 1810, pp. 7; "Descrizione del Bagno di Rofanello. Nel Territorio della Città di Tolentino, e delle virtù dell'Acqua per la Cura di diversi mali", Velletri 1709 (da Andrea BACCI, "Trattato de Thermis", Venezia 1587); foglio di carta velina con su scritto il titolo (…) "fogli in armeno delle Vite degli Uomini illustri di Tacito avuti a Venezia il dì 18 settembre 1833 nella stamperia degli armenii", contenente pp. 32 a stampa; "Sopra alcuni fenomeni Galvanici. Memoria del dott. Antonio Fabroni di Arezzo Letta alla R. Accademia dei Georgofili nella seduta del 5 marzo 1806", manoscritto; "Esperienze Chimiche istituite sopra la Terra venuta da Siena ottenuta dall'evaporazione della neve caduta la Notte del 15 al 16 marzo 1813", pp. 4 manoscritte; "Programma proposto dalla Presidenza Generale per la compilazione della Farmacopea uniforme italiana in ordine al progetto della Sezione di Medicina", s.l. [1846], pp. 7. Sono conservati inoltre un manifesto a stampa e manoscritto dell'Accademia Labronica, del 4 agosto 1818, per l'elezione del Giuli a socio corrispondente; un manifesto dell'Accademia Italiana, del 8 maggio 1810, per la nomina del Giuli a membro ordinario; un manifesto del 15 dicembre 1808 "Agli abitanti del Dipartimento dell'Ombrone Proclama del Comitato centrale di Vaccina sedente in Siena; una lista dei Membri del Comitato Centrale di vaccina sedente in Siena", s.d., c. 1 manoscritta.

(fonte: SIUSA Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche)

Opere di Giuseppe Giuli

Idrologia medica delle maremme toscane
Siena, presso Onorato Porri, 1834. 

Storia naturale di tutte l'acque minerali di Toscana : per uso medico delle medesime
Firenze, Stamperia Piatti; Siena, Onorato Porri, 1833-1835

Trattato fisico-medico dei bagni di S. Filippo e descrizione dell'arte della plastica dei tartari
Siena, presso Onorato Porri, 1834

Lo stato antico e presente dei bagni di Macereto presso Siena e nuova analisi delle sue sorgenti coll'indicazione dell'uso medicinale delle medesime
Siena, Onorato Porri, 1840

Delle acque minerali dei Bagni a Morba nel volterrano trattato di Giuseppe Giulj dottore in filosofia, e medicina, socio dell'Accademia delle scienze di Siena, dei Georgofili di Firenze, dell'Etrusca di Cortona, e di molte altre scientifiche, ed erudite d'Italia
Siena, dai torchj di Luigi e Benedetto Bindi, 1809

Saggio statistico di mineralogia utile della Toscana per servire agli ingegneri, ai possidenti
Bologna, 1843

 

 

Domenico Giuli

Domenico Giuli nacque a Lorenzana l'8 agosto 1818 da Ferdinando e Norci Carolina. Sposò Carolina Banti ed ebbe due figli, Alberto e Arianna che si maritò con Francesco Orsini Baroni.

Fu membro della Deputazione provinciale di Pisa.

Il 15 febbraio del 1880 venne nominato senatore nella categoria di "persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria".

Sia il genero Francesco Orsini Baroni che il nipote, Luca Orsini Baroni, vennero nominati senatori del Regno rispettivamente nel 1909 e nel 1933.

Fu Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia.

Per molti anni rivestì la carica di Sindaco di Lorenzana.

Titolo Nobiliare: Nobile di Siena.

Morì a Lorenzana il 17 giugno del 1892.

Nella seduta del Senato del 18 giugno, il Presidente Domenico Farini, pronunciò un breve discorso di Commemorazione

"Signori senatori! Un telegramma ricevuto poco fa, ci annuncia essere morto il senatore Domenico Giuli. Il collega, del quale rimpiangiamo la perdita, era nato l'8 agosto 1818, in quella stessa villa di Lorenzana presso Pisa dove, nella prima ora della sera, ieri si spense.
Di famiglia cospicua, il censo ed i natali non lo cullarono nell'indifferenza della pubblica cosa. Anzi nelle amministrazioni locali molto si adoperò in pro' dei compaesani presso i quali aveva credito e seguito numeroso.
Iscritto fra i senatori, con decreto 15 febbraio 1880, appartenne per oltre dodici anni a quest'Assemblea, in nome della quale mando oggi alla memoria dell'estinto estremo addio".

Fonte: Senato della Repubblica. Archivio storico

Il Palazzo Giuli Rosselmini Gualandi (Palazzo Blu) di Pisa

Il complesso di edifici che a Pisa occupa l'intero isolato fra Lungarno Gambacorti, via Toselli, via delle Belle Donne e piazza dei Facchini, è il risultato di una storia che va molto indietro nel tempo. Posti in posizione strategica, all'imboccatura del ponte che nel X secolo attraversava il fiume di fronte alla porta aurea della città precomunale, gli edifici hanno subito nei secoli ricostruzioni, distruzioni, modifiche architettoniche e di uso da parte di una lunga serie di proprietari, spesso appartenenti alle più potenti e illustri famiglie cittadine.

Il Palazzo Giuli Rosselmini Gualandi è diventato recentemente noto come Palazzo Blu per il restaurato colore dell'intonacatura e del nome del centro museale costruito in alcune delle sale interne.

Le prime tracce di questa costruzione risalgono all'alto medioevo (VIII secolo), sotto forma di insediamento rurale nei pressi della longobarda chiesa di Santa Cristina, vicino all'unico ponte, chiamato Ponte alle Pietre che permetteva l'accesso alla città dai territori a sud del fiume Arno, percorrendo l'antica Via Emilia Scauri (le attuali vie San Martino e Toselli). Durante i lavori di restauro a cura delle Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, è stata riportata alla luce parte dell'antica pavimentazione della via, a sestini di cotto posti a lisca di pesce, databili intorno al XII secolo e una possente struttura muraria, facente parte di una torre difensiva, con la caratteristica apertura ad arco ogivale, realizzata in pietra verrucana e databile intorno agli ultimi anni dell'XI secolo.

Entrato a far parte del territorio comunale di Pisa, dopo il 1155, anno in cui si cominciano i lavori di costruzione della più antica cinta muraria di epoca medievale conservatasi in Italia, sotto il consolato di Cocco Griffi, l'intero complesso si arricchì di case e case-torri, come nel resto della città, spesso definita città dalle Mille torri, segno di una crescente ricchezza e potere della Repubblica Marinara.

Nel tardo Medioevo appartenne ad una delle più importanti famiglie pisane, i Dell’Agnello.

Il 14 novembre 1356 Giovanni Dell'Agnello, proprietario di altre costruzioni nella zona, ottenne dagli Anziani del Comune il permesso di ampliarne alcune parti. Sorse così il primo nucleo del palazzo, o domus, una struttura composta da grandi pilastri in pietra verrucana, a due o più moduli, uniti a formare archi ogivali, riempiti a laterizi e decorati da aperture a monofore e bifore secondo lo schema dei vicini palazzi Gambacorti e Alliata. Il palazzo era composto da due case-torri affiancate, unite ad un'altra abitazione per mezzo di un cavalcavia sopra alla viabilità preesistente. Questo secondo edificio è riconoscibile nella parte orientale, arretrata verso sud.

A seguito della realizzazione del progetto ne derivò quello che nelle fonti viene definito un «bellissimo edificio e palazzo» consono al ruolo politico della famiglia: Giovanni dell'Agnello nel 1364 divenne primo e unico "Doge" di Pisa.

Durante la prima dominazione fiorentina, tra il 1406 e il 1494 il palazzo subì notevoli cambiamenti, anche a causa dell'esilio della famiglia Dell'Agnello. Passato al Comune sul finire del XIV secolo, divenne proprietà della Repubblica di Firenze, che lo utilizzò come sede per i cinque provveditori addetti alla sorveglianza della città occupata, fino a ritornare in proprietà di Giovan Bernardino Dell'Agnello che il 21 giugno 1495 vi ospitò Carlo VIII re di Francia.

Proprio nel 1494 Pisa, grazie all'aiuto di Carlo VIII, re di Francia, riacquistò la libertà da Firenze e all'interno del Palazzo avvenne uno degli avvenimenti più importanti per la popolazione pisana. Il re entrò in Pisa l'8 novembre 1494 con un esercito di tremila cavalieri e venne ospitato nel Palazzo D'Appiano, davanti al quale i Pisani chiesero la libertà dal nemico. Garanzia di libertà che tornarono a chiedere nel giugno del 1495, quando il Re si trovava ancora una volta in città, e in occasione di un grande ballo che si tenne proprio all'interno del Palazzo dei Dell'Agnello, tutte le donne della nobiltà pisana si presentarono al cospetto del Re, implorando che mantenesse salda la promessa fatta l'anno precedente.

« "... e ad 21 di Giugno detto il Re di Franza andò a bedere ballare alla casa di Messer Gianbernardino Dell'Agnello a Santa Cristina sulla loggia, e quivi v'era di molte fanciulle e donne di Pissa a quel ballo; e sedendo il Re in messo a due donne fanciulle, le più belle al ballo, fu ordinato nel ballare molte fanciulle e donne si gittorno genocchioni avanti al Re, dimandandogli grazia che Pissa non ritornasse più sotto a Fiorentini: furono fornite di molte buone parole dal Re detto." » (Giovanni Portoveneri, Memoriale dall'anno 1494 sino al 1502)

Nonostante le promesse, Pisa nel 1509 cadde nuovamente sotto il dominio di Firenze.

Verso la fine del Cinquecento il palazzo passò nelle mani dei Sancasciano e poi dei Del Testa: dai Dell’Agnello fu venduto a Cesare di Filippo di Piero Sancasciano che in data 2 marzo 1577 lo cedeva ad Emilio di Cristoforo del Testa del Tignoso per 1.700 scudi d’oro.
Emilio Del Testa Del Tignoso nel 1593 trasformò radicalmente il palazzo da domus medievale, a fastoso palazzo tardo-rinascimentale, applicando una decorazione sobria alla facciata, arricchita da inserti di pietra serena.

Il Del Testa Del Tignoso morì senza eredi maschi, lasciando il palazzo alle figlie sposate Rosselmini, Cevoli, Lanfranchi e Upezzinghi.
Alla fine del Seicento il palazzo passò in eredità a un ramo dei Venerosi, antica famiglia feudale di origine francese e successivamente agli Agostini che lo ereditarono dai Venerosi nel 1745 e che nel 1773 lo cedettero in locazione al Cav. Cesare Studiati, direttore del Collegio Imperiale Greco Russo, per conto dell'Imperatrice Caterina II.

In questo periodo il palazzo ospitò molti componenti della famiglia imperiale e dell’aristocrazia russa durante i soggiorni della corte dei Granduchi di Lorena a Pisa.
Fu proprio in onore della grande stagione artistica russa, che vide grandi maestri Italiani alla corte dello Zar dove progettarono e decorarono gli imponenti palazzi di San Pietroburgo, che il palazzo venne fatto dipingere con la caratteristica colorazione blu, o color dell'aria, applicata ai palazzi pietroburghesi per addolcirne le forme. In quell'epoca il palazzo fu animato da una vita sociale e culturale molto intensa. Nel 1774 fu frequentato dalla principessa Yelizaveta Alekseyevna Tarakanova (1753–1777), che sosteneva di essere la figlia di Aleksej Razumovskij e dell'imperatrice Elizabetta I: sospettata di complotto ai danni dell'imperatrice Caterina II, vi fu rapita nel febbraio 1775 per essere ricondotta in patria dall'ammiraglio Aleksej Orlov, comandante della flotta imperiale russa di base a Livorno per la guerra contro l'Impero Turco. Nel 1781 vi soggiornò Ekaterina Daskova (1744-1810), direttrice dell'Accademia russa delle scienze, che nelle sue Memorie ha lasciato una descrizione della città, del Gioco del Ponte e del palazzo.

Il colore attuale  del palazzo è stato scelto durante i lavori di restauro della facciata, quando è stato rinvenuto un frammento della pittura tardo-settecentesca.

Nel 1788 il Palazzo Blu venne venduto dagli Agostini alla famiglia baronale di origine siciliana Del Testa per 3.300 scudi.

A distanza di pochi anni fu messo all’incanto e acquistato da Filippo Bracci Cambini che vi intervenne con grandiosi lavori tra i quali una nuova scala monumentale e la magnifica quadratura di porta della sala delle Grottesche, sovrastata dallo stemma familiare, magistralmente eseguita da Antonio Niccolini. Per le ingenti spese sostenute i Bracci Cambini furono costretti a metterlo nuovamente in vendita.

Nel 1808 ne risultava proprietario Giuseppe Petrozzani successivamente venne acquistato dal conte milanese Luigi Archinto a cui si deve la trasformazione del primitivo cortile in giardino “grazie all’acquisto e alla successiva demolizione di alcune casupole di Via delle Belle Donne e di Via del Cappello”. Morto il conte nel gennaio 1861, il palazzo fu ancora posto in vendita.

Nel 1864 fu il Conte Domenico di Ferdinando Giuli ad acquistarlo per la cifra di 50.000 lire. Il Giuli acquistò anche dal Comune di Pisa un tratto del vicolo fra via dell'Olmo e via del Cappello, per edificare una nuova ala del palazzo che rendeva simmetrica la facciata cinquecentesca e la collegava con il palazzetto Casarosa, anch'esso di sua proprietà. Negli anni che seguirono il palazzo assunse l'aspetto che ancora conserva.

Per il palazzo questo fu un periodo di nuovo splendore, ogni sala venne restaurata e nuovamente decorata, grazie soprattutto all'intervento del pittore pisano Nicola Torricini che nel 1884 decorò la maestosa biblioteca al piano terra. I lavori di restauro terminarono nel 1903 con l'inaugurazione della Sala Rossa, o Salone da Pranzo, in occasione del quale i Conti Giuli organizzarono un raffinatissimo ballo.

Alberto Giuli, figlio di Domenico, sposò una Vivarelli Colonna; suo nipote Giuseppe era figlio di Emma Rosselmini Gualandi e, all’estinzione della famiglia di lei, abbinò il cognome della madre a quello dei Giuli.
Il palazzo è rimasto abitato dai Conti Giuli Rosselmini Gualandi fino al 2001 quando è stato acquistato dalla Fondazione Pisa che per farne la propria sede e realizzare al suo interno un centro di attività culturali ed espositive.

Fonti: Wikipedia, Società storica Pisana